Mimmo Sarchiapone, con questa nuovaraccolta di incisioni, compie una ulteriore operazione culturale di importanza per l’intera memoria collettiva. Alla cultura si allineano esigenze primarie, in testa alle quali c’è, sicuramente, quella della memoria: una cultura che non produce memoria di sé è morta ancor prima di nascere; una cultura che non trasmette e comunica la propria memoria è destinata alla irrilevanza. E se è vero che tutte le culture sono sempre “strumenti di produzione” e “strumenti di comunicazione” di memoria storica è anche vero che non sempre, però, questi processi produttivi e comunicativi sono ben strutturati e intelligibili, per il fatto che i “codici culturali” non coincidono con i “flussi di memoria”. Questa operazione artistico-culturale di Mimmo Sarchiapone, al contrario, è capace di sovrascrivere sulla memoria, nel senso che vi deposita sopra sedimentazioni e costruzioni simboliche che hanno un effetto di amplificazione e rilettura sui processi di memorizzazione, sui luoghi e sui tempi della memoria.
Così, scorrendo le immagini di queste acqueforti, si ha l’impressione che l’artista, scavando sulla lastra, scavi nella sua memoria e in quella della comunità, quasi a cercare l’identità di un passato denso di speranze in parti disattese ma che ancora urgono nei desideri collettivi. Un passato della Pescara ottocentesca e liberty, futurista a suo modo nel vigore di crescita e nell’ansia di piacere che, scomparsa nelle sue forme materiali, sembra per certi versi essersi smarrita anche nella capacità di sognare il suo futuro. Quella Città che a lungo, anche se non solo, si è riconosciuta nella capacità dannunziana di generare bellezza e piacere come antidoti alla fragilità dell’umano e alla imprevedibilità delle vicende storiche oggi appare smarrita, incapace di reinterpretare le sueorigini. Struggenti appaiono soprattutto le figure umane che abitano questi fermi immagine della storia pescarese: stranamente questi “tempi morti”non cessano di comunicare vita, dal momento che, sublimate dalla maestria dell’artista, paiono gridare la loro testimonianza di vita molto più che nei modelli fotografici originari in cui mostrano, invece, più tranquillamente la loro natura documentale. Prova questa, che l’attività di ricerca di Sarchiapone riesce mirabilmente nella comunicazione del groviglio emozionale per la Città intravista, abbandonata, sognata e ritrovata da parte dell’artista.
Con questa operazione artistica sulla “memoria storica”, ci pare dunque, di vedere non un mero lavoro di riarchiviazione e ricatalogazione del rimosso, del perduto e del distrutto. Appare, anzi, una suprema ambizione di sfuggire alle tentazioni del puro e semplice recupero restaurativo di un passato ormai scomparso, riuscendo al contrario a ridargli voce, immagine e identità, ricordandolo per trasformarlo, rimettendolo in gioco nel meritorio tentativo di provare a ridare cittadinanza alle sue testimonianze più nobili e che meglio possono suscitare interesse per l’attualità della nostra vita quotidiana e per il nostro futuro. Per la Fondazione Pescarabruzzo, in occasione del 150° anniversario della nascita del Vate, queste immagini della Pescara che per un lungo periodo ha voluto essere anche dannunziana nelle sue capacità di generare scenari di magnifiche sorti progressive per la sua comunità e per l’intero Abruzzo, è sicuro stimolo di riflessione per ritrovare in tutti le motivazioni a progettare il futuro. E così, soffermando lo sguardo sull’antica Piazza Garibaldi affollata davanti al forno Flaiano o accompagnando il passaggio dei bagnanti alla pineta si ha, netta, la sensazione che i “tempi della vita” sono scansione articolata e sempre in movimento di presente, passato e futuro.
Nicola Mattoscio – Presidente Fondazione Pescarabruzzo