Il Prof. Terraroli ha detto quasi tutto quello che c’era da dire in merito alla necessita di dare una chiave di lettura di quel prodotto curioso che si chiama opera d’arte, un enigma che non si riesce ma i a penetrare completamente e che vale, esteticamente parlando, in quanto resta sempre un mistero. Vorrei quindi cominciare il mio intervento uscendo dal modulo di una oggettività riconoscibile o riconosciuta e lo faccio prendendo le mosse da una cosa che ha scritto il presidente Puletti in un suointervento sul catalogo che raccoglie queste stesse incisioni.Dice, citando Barthes, a proposito della fotografia, che la fotografia e un linguaggio falso e vero insieme. Con questo semplicemente si vuole dire che la fotografia e un’immagine che e stata innalzata a dignità d’arte, quasi accettata da tutti questa sua dignità, mentre ne lascia intatto il valore di documento,laddove e necessario che si presenti come documento, la valuta per qualche cosa che col documento non ha nulla a che fare, ma ha a che fare invece col modo tipico dell’immagine estetica di trasferire e rappresentare una realtà che potrebbe anche non esserci, o esserci soltanto a livello di ideazione artistica che e sempre ideazione individuale,quindi di oggettivo ha ben poco.
Quindi il nostro artista e partito da una serie di fotografie che sono immagini in se vere e false ad un tempo. L’acquaforte si richiama a questa strana immagine che ha perso ogni oggettività pur mantenendo in se il fascino dell’eco: l’eco di una stagione, l’eco di un documento, l’eco di un’opera, l’eco di persone,e di tutto quello che noi riusciamo o vogliamo sentire riecheggiare appunto nell’immagine. Queste acqueforti sono in qualche misura analoghe alla fotografia, specialmente alla fotografia che si faceva negli anni ’30. Sono cioè la risultante di un processo un po’ magico, certamente alchemico.
Nell’acquaforte questo processo e cosi importante che l’opera comincia a valere per se stessa più che per quello che rappresenta.
Evidentemente tutte le motivazioni sono importanti e quindi anche il riferimento preciso a d’Annunzio,a Pescara, e ineludibile perchè e uno degli ingredienti che l’artista ha messo in gioco per realizzare questa sua immagine, come dicevo vera e falsa ad un tempo.
In effetti ciò che e vero e falso insieme e ciò che ci appare appunto come misterioso, come impenetrabile,come inspiegabile e, quando lo troviamo anche bello, ci appare adorabile; sono tutte categorie che non appartengono all’oggettività, ma alla proiezione di nostri ideali e alla ricerca di quelle cose che chiamiamo estetiche e dotate di aura. Si e creduto che l’opera d’arte fosse in codice,che si potesse decodificare.
Una grande parte di irrazionalità deve esserci nell’opera d’arte perchè altrimenti non si capirebbe come possa affascinarci tanto e come non possa essere decodificata. Una lettura che fosse soltanto basata sulla verità dell’immagine sarebbe un’immagine povera. L’immagine dannunziana svariava dal popolare all’eroico con una naturalezza incredibile.
C’era il popolo di Michetti nelle predilezioni di d’Annunzio,ma c’era anche il michelangiolismo di De Carolis, un altro artista che era molto vicino al poeta. D’Annunzio aveva la straordinaria capacita di raccogliere il vero e il falso in un contesto che restava aperto a tutte le possibili letture e interpretazioni. E per questo che si continua a studiare d’Annunzio, quella sua realtà che era più reale e più vera della verità, pero era anche più falsa nel senso che ne era una trasposizione che qualcuno potrebbe anche ritenere indebita e che altri chiamano .
E esattamente quello che ha fatto Sarchiapone riprendendo queste immagini della sua Pescara con tutti i riferimenti a d’Annunzio e con tutti i riferimenti al fotografo che certamente e stato un personaggio che aveva gia letto queste strade in senso poetico. Noi sappiamo che i grandi artisti non riescono maia fare documenti, ma fanno cose che da questo punto di vista appaiono da una parte carenti e da una parte troppo ricche.
Probabilmente qui non agisce quella forte spinta simbolica o simbolistica che c’era in fotografie di Michetti, ma c’e un gioco in qualche modo astraente rispetto alla realtà. Io credo che in queste incisioni di Sarchiapone ci sia una sorta di astrazione del reale e dalla iconografia consueta. Se cosi non fosse probabilmente l’artista non si sarebbe limitato a prendere spunto da un documento che non rispetta una realtà esistente,ma una realtà passata di cui la foto non puo essere che labile memoria, perchè in effetti quella Pescara non esiste. Quelle persone che camminavano per le strade sono dei fantasmi. L’artista finisce sempre per dipingere fantasmi.
Chi ha memorie comuni di un luogo, di una persona, può affermare e testimoniare che c’e anche una storia comune, una storia dell’uomo che ha proiettato una sua immagine falsa e vera nel nostro presente.Quest’arte e irreparabilmente un’arte del presente.
Un’immagine come quella che e proposta attraverso le incisioni di Sarchiapone trova qui una sua legittimità,e soprattutto trova le ragioni della propria bellezza che non e inquinata se non nella misura in cui cose anche più belle dell’uomo sono inquinate da macchie oggettive. Essa e pura proiezione di un pensiero, di un desiderio; forse di un sogno o di una memoria, come qualcuno del resto ha gia scritto di queste incisioni. Pensare che la memoria abbia a che fare col vero e perlomeno un’ingenuità. Il pensare del resto che la memoria con tutto cio che noi non riteniamo oggettivo sia decisamente falsa e altrettanto ingenuo.
Sarebbe come negare la possibilità di esistenza dell’arte, ma soprattutto la resistenza stessa dell’immagine,perchè le immagini dichiarano continuamente le loro falsità e invitano all’approfondimento. Quello che mi affascina nelle acqueforti qui esposte e proprio questa pazienza dello scavo che e scavo sulla lastra, ma e anche scavo dell’artista in se stesso. Sorprendente e questa capacita, e questo desiderio sempre teso, di fare emergere qualche cosa che l’artista non conosce, che forse neanche ricordava.
Io credo, ma forse non ho argomenti per giustificare queste affermazioni, che queste immagini siano nuove e inedite anche per lo stesso autore.
(Inaugurazione della mostra “Pescara nell’epoca dannunziana”, Museo de “Il Vittoriale degli Italiani”, Gardone Riviera 1989)